ANTONI GAUDÍ,
la natura e le curve
Viaggio nel pensiero artistico
dell’architetto di Dio
Per meglio comprendere l'arte di Gaudí...
CHE ANTONI GAUDÍ FOSSE DOTATO DI UNA PERSONALITÀ ARTISTICA INCONTROLLATA E INCONTROLLABILE È EVIDENTE…
La sua architettura è incompatibile con qualsiasi tentativo di delimitazione stilistica.
La sua fantasia è inaudita! Singolare ogni sua opera. È avanguardia.
Il suo linguaggio fiabesco è un viaggio interiore nella nostra memoria.
È come se volesse smuovere il nostro inconscio dando voce a visioni impossibili da pensare e da realizzare. Ma lui lo ha fatto. Lo ha fatto alla fine del 1800 quando non esistevano computer e Autocad.
Usando le parole di Roberta Franchi, professoressa di Storia e Architettura, “le sue creazioni sono formalmente così sconnesse dai tradizionali canoni architettonici da dare la sensazione di penetrare in un ambiente favoloso dalle continue ed eccitanti sorprese”.
Dove nasce lo slancio creativo di Antoni Gaudí?
Nel progetto della Sagrada Familia l’architetto sembra trovare la sua esaltazione religiosa tentata più volte in diverse precedenti opere.
Viene soprannominato l’Architetto di Dio solo perché era un fervente devoto? Solo perché vedeva il Creatore in ogni particolare della Natura?
Gaudí a chi gli chiedeva dove traesse ispirazione rispondeva:
Osservo la Natura. A lei devo tutto il mio sapere.
Da sempre la Natura è stata la sua maestra: gli alberi e le sue foglie, le nuvole, le montagne, gli animali e l’uomo.
Da subito rinuncia in modo esplicito alle linee rette, troppo rigorose e opprimenti. Lui non utilizza curve semplici e banali ma le più complesse come l’iperbolica e le sue derivate.
La sua espressione è morbida, sinuosa. È avvolgente e coinvolgente.
La linea retta è degli uomini, quella curva è di Dio.
Prima di lui molti altri architetti hanno reso omaggio a questo concetto: per esempio Francesco Borromini.

Curve dinamiche, guizzi e inventive stilistiche anacronistiche per il 1600, ma pur sempre bloccate dentro un concetto neoclassico.
Al contrario i maggiori esponenti dell’Art Nouveau si sono abbandonati a tediose ornamentazioni floreali e a “curvas de sentimento” totalmente dissociate dalla geometria.

Una delle massime storiche e critiche d’arte, la fiorentina Lara Vinca Masini, ha descritto l’arte di Gaudí forzata da […] una sorta di carica interna di dinamite, pronta a farla esplodere in ogni direzione. Una entità a sé stante che cresce lottando e contorcendosi come un elemento naturale, include sezioni rette, ma che si spezzano, riprendono, conquistando e dominando lo spazio di volta in volta.
Le sagome della Natura sono percepibili in piccoli particolari, come nelle grandi prospettive. Sembrano incoerenti e pericolosamente ambigue.
Ma sono minuziosamente calcolate. Punto per punto.
Come la famosa “catenaria”, la curva flessibile e omogenea da lui impiegata in tantissime opere.

Prendete una corda alle due estremità e alla medesima altezza. La sagoma può essere allungata grazie a piccoli pesi che sistemati in modo simmetrico ci restituiscono una forma più parabolica e staticamente più affidabile nei sistemi costruttivi.
Antoni Gaudì: architettura che è arte, bellezza e incanto.
Con Gaudí l’architettura diventa una espressione che supera il concetto di arte. È bellezza, incanto. Esplora il pensiero umano. Entra nel cuore e lascia senza parole, inoltrandosi nell’inconscio.
In Park Güell probabilmente l’architetto trova l’ambiente maggiormente consono al suo pensiero. Qui la Natura è ovunque e creare un porticato curvato è quasi una ovvietà.
Come tutte le opere di Antoni Gaudí anche Park Güell, per essere capito, deve essere percorso. Quasi perlustrato passo dopo passo.

È un mondo a parte, ricco di connotati e se si vuole comprendere questo progetto, che in origine avrebbe dovuto ospitare la borghesia catalana, dobbiamo entrare nella dimensione fin troppo personale di Gaudí stesso.
Forse è proprio per questo che le reazioni dei visitatori sono diversi da persona a persona: dall’ammirazione incondizionata, irrazionale e instantanea, all’incomprensione assoluta.
Secondo Gaudí qual era la sensazione che questo monumentale spazio avrebbe dovuto produrre sullo spettatore? Paura? Meraviglia? Timore di Dio e rispetto per la Creazione? Pietà, leggiadrìa, passione e rinascita?
In Casa Batlló tutti quanti siamo rapiti dalla facciata completamente rivestita di un mosaico plastico e iridescente.

Nel nostro moderno immaginario potrebbe essere un quadro di Monet o di Klimt.
Qui lo sguardo sembra una pallina impazzita che dalle colonne al piano stradale percorre su e giù alla ricerca di particolari incredibili uno più dell’altro…
Una facciata che ci rivela ossature e giunture cartilaginee, maschere o scheletri, teste d’aglio o squame… Ma una volta entrati le emozioni saranno molto di più.
Salirete lungo la coda di un drago dove i lucernari sono gusci di tartaruga e nel soffitto del piano nobile entrerete in un vortice marino…
Gaudí sembra essersi abbandonato in maniera infantile e invece ha calcolato tutto. Ogni particolare ha una sua funzione: che sia filtrare la luce o areare l’ambiente.
Nella soffitta la curva iperbolica è espressa come una manifestazione dell’inconscio dove le fessure sono le branchie di un enorme rettile.
La sua fantasia nel voler evocare la Natura in tutto e per tutto lo conduce a narrarci la leggenda di Sant Jordi – il santo patrono della Catalunya – che uccise il drago.

La sinuosa curva del tetto, fatta di coppi e tegole smaltate, viene trafitta da quell’enorme “aglio” con la croce quadripartita che è la spada del cavaliere che entra nella casa e libera la Catalunya.
Nel Collegio delle Teresiane gli archi parabolici ci portano in un “altissimo silenzio”. Il passeggiare nei suoi lunghi corridoi è un percorso di meditazione che ci svela la potenza di questa struttura architettonica.
Una forza non più insita nella sua ovvia altezza ma nel gioco di profondità che essa stessa crea.
Tutto questo viene poi magistralmente amplificato dalla semplicità del tono delle pareti: un bianco che nella sua progressione prospettica vira verso il color carne.
In Casa Milà, La Pedrera la Natura si manifesta in modo prepotente già nella facciata.
La complicità di avere un intero angolo dell’isolato consente all’architetto di giocare con la tridimensionalità.
Le onde del mare hanno corroso la roccia. Emergono caverne. Fauna e flora hanno finalmente vita.
Qui il colore predominante è il freddo bianco calcareo della facciata in netto contrasto con il cuore caldo degli interni dei due cortili, arricchiti da giochi di colore, decorazioni e guizzi creativi.



Nella Sagrada Familia, consapevole di non poterla terminare, sviluppa in verticale la facciata della Natività.
Quattro torri, quattro catene iperboliche che toccano il cielo.
Qui irreale e fantasia si alternano a forme naturali che si intrecciano nella pietra e dove finalmente scolpisce i volti della sua fede.
Pochi disegni sono giunti a noi a seguito di un incendio nel 1936 e poche sono le testimonianze di come egli aveva pensato il Tempio.
La cosa che emerge è la sua costante prova nel voler recuperare la parola e il significato del termine ARCHITETTURA. Ovvero ORIGINE, esattamente come vuole una delle definizioni greche.
Architettura – ἀρχιτέκτων (pronuncia architéktōn), parola composta dai termini ἀρχηv – τέκτων
árche è Principio o sostanza originaria delle cose (per Gaudí, Dio). técton richiama diversi significati tra i quali “inventare”, “creare”, “plasmare” e “costruire”. Essere tecnico ma artista, artigiano…
Ora ditemi se Antoni Gaudí non è l’ARCHITETTO DI DIO per eccellenza?!
Foto personali by SARA BOLOGNINI @sarabolognini_photo
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